L’Ipertrofia non è altro che l’aumento del volume delle cellule che compongono un tessuto; è un adattamento del nostro organismo che, nel caso del sistema muscolare, si verifica quando il muscolo raggiunge un diametro maggiore. È doveroso precisare che abbiamo due tipi di ipertrofia: l’ipertrofia mio-fibrillare, cioè l’aumento delle proteine contrattili, e quella sarcoplasmatica, ossia l’aumento della componente non contrattile del muscolo (ciò che lo avvolge). La forza muscolare è una capacità condizionale che consiste nella facoltà di un corpo di vincere una resistenza tramite tensione meccanica sviluppata dal muscolo. Essa è determinata dalla capacità enzimatica e meccanica del muscolo, ma il fattore primario è costituito dal sistema nervoso. Infatti, si parla più generalmente di sistema neuro-muscolare poiché il numero di innervazioni che dal sistema nervoso centrale si collegano al muscolo tramite le placche motrici risulta fondamentale per l’espressione di forza. Più il nostro cervello riesce a reclutare fibre nervose, e dunque a reclutare fibre muscolari, e più forza verrà espressa.
Trattando di ipertrofia e forza nel campo del fitness, sappiamo che nella senescenza (tarda età) comincia a verificarsi un’atrofia (riduzione dei diametri muscolari) del muscolo scheletrico con conseguente diminuzione della forza espressa da quest’ultimo. Il consiglio, come dimostra la letteratura scientifica, è di iniziare ad allenarsi in giovane età, cosi da limitare ed ammortizzare questi fenomeni. Forza ed ipertrofia sicuramente sono quegli obiettivi più perseguiti da chi si allena in palestra; esse sono complementari, e ci si interroga spesso su come queste due componenti si relazionino tra loro nel tempo. Ad esempio: dopo mesi di stop si verifica atrofia? C’è una conseguente perdita di forza? Ci sono tante ipotesi ma la scelta più opportuna è ricercare risposte nella letteratura scientifica per stabilire concretamente cosa accade e capire. Un esempio è lo studio di Niklas Psilander et al.
Nel presente studio longitudinale, i ricercatori (Niklas Psilander e colleghi) si occuparono di testare sull’uomo gli effetti degli adattamenti indotti dall’allenamento e dal de-allenamento (o più semplicemente un periodo di stop). Ai 19 partecipanti (10 donne e 9 uomini) somministrarono due periodi di allenamento ed un periodo intermedio di stop:
- T1: primo periodo di 10 settimane, in cui viene allenato un solo arto;
- DT: periodo di stop intermedio di 20 settimane;
- T2: secondo periodo di 5 settimane (DT), in cui vengono allenati entrambi gli arti;
Precisamente i ricercatori somministrarono un allenamento sul quadricipite femorale, sfruttando due esercizi: Leg press (principale) e Leg Extension (complementare) e cercarono di capire quali sono le differenze in termini di forza e diametri muscolari prima e dopo: T1, DT e T2; T1 per notare i miglioramenti in termini di forza ed ipertrofia dopo il periodo di allenamento, DT per capire se questi si sono mantenuti ed infine T2 per vedere se vi sono differenze tra i due arti e quindi capire se l’arto allenato in precedenza ha un vantaggio. L’allenamento proposto prevedeva una frequenza di 3 volte a settimana (10 reps condotte al 75% dell’1RM il lunedì, 12 reps al 65% il mercoledì e 5-7 reps al 85% il venerdì, con recuperi di 1-2min tra le serie e 4min post esercizio), con incrementi settimanali dei carichi.
Image taken from J Appl Physiol • doi:10.1152/japplphysiol.00917.2018 • www.jappl.org
Downloaded from journals.physiology.org/journal/jappl at Universita Di Palermo (147.163.007.033) on April 25, 2021.
I ricercatori eseguirono 3 test standardizzati prima e dopo i periodi di training per valutarne gli effetti e quindi gli adattamenti fisiologici:
- 1RM su leg press e leg extension (test sulla forza massima);
- Ecografia sul vasto laterale dopo 72ore di recupero;
- Biopsia muscolare per vedere la composizione del muscolo quadricipite (sempre vasto mediale).
Notarono che: dopo il primo periodo di allenamento (T1) i soggetti dello studio hanno avuto incrementi statisticamente significativi sulla gamba allenata sia sulla forza (test 1RM) sia per quanto riguarda il diametro trasverso del muscolo (ipertrofia). Non vi è stato un aumento statisticamente significativo dei mionuclei (nuclei dei miociti) o delle cellule satelliti.
Dopo il periodo di stop di 20 settimane (DT) gli autori hanno notato solo una leggera perdita (40%) della forza, ma trovavano ancora una significativa differenza tra l’arto allenato e quello non allenato; per quanto riguarda l’ipertrofia indotta dall’esercizio non risultano sostanziali differenze tra i due arti, potremmo perciò dire che è andata persa, con risultato un quasi totale ritorno alla normalità (condizione precedente all’allenamento).
Dopo il secondo periodo di allenamento (T2) gli autori hanno rilevato un aumento della forza uguale per entrambi gli arti (quindi l’arto allenato in T1 rimaneva sempre più forte), mentre erano simili i valori per volumi e diametri.
Possiamo concludere grazie a questo studio che, in termini ipertrofici, i muscoli umani precedentemente allenati non rispondono in modo diverso da un punto di vista ipertrofico ad un secondo periodo di allenamento rispetto quelli non allenati, poiché non vi è una considerevole variazione di volume. Tuttavia abbiamo dei risultati più soddisfacenti sulla forza, in quanto buona parte viene mantenuta (il 60%). Abbiamo dunque un mantenimento dei risultati sulla forza, mentre vengono totalmente perduti i risultati ipertrofici. Quindi possiamo dedurne che è fondamentale l’allenamento della forza anche in prospettiva futura (perdita durante la senescenza) perché il nostro sistema nervoso ne tiene memoria.
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https://journals.physiology.org/doi/full/10.1152/japplphysiol.00917.2018